segunda-feira, setembro 18, 2006

La «quaestio de veritate», il cristianesimo e le altre religioni

I discorsi di Benedetto XVI in Baviera

Card. RENATO RAFFAELE MARTINO - Presidente del Pontificio Consigliodella Giustizia e della PacePresidente del Pontificio Consigliodella Pastoraleper i Migranti e gli Itineranti

Molti degli interventi del Santo Padre Benedetto XVI durante il suo viaggio in Baviera dal 9 al 14 settembre scorsi sono stati dedicati alla verità, a partire da una domanda più volte presente nei discorsi e nelle omelie del Pontefice: il cristianesimo può risultare ancora ragionevole agli occhi dell'uomo di oggi? La fede "è una cosa ragionevole?" si è chiesto all'omelia all'Islinger Feld la mattina del 12 settembre. Infatti l'Occidente sembra avere una "debolezza d'udito" e quello che si dice di Dio "sembra pre-scientifico, non più adatto al nostro tempo", ha detto alla spianata della Neue Messe a Monaco durante la messa di domenica 10 settembre. Secondo Benedetto XVI chiarire il rapporto del cristianesimo con la verità, e quindi con la ragione, è importante prima di tutto per poter evangelizzare di nuovo l'Occidente - l'Europa soprattutto -, ma è altrettanto importante per il rapporto con tutte le religioni in una relazione di dialogo, di reciproco rispetto e di tolleranza. I due aspetti vanno affrontati separatamente, anche se sono collegati tra di loro. Il Cristianesimo comporta la fede nella Ragione Creatrice e non nell'Irrazionale. All'Islinger Feld il Santo Padre si è fatto una domanda - "Che cosa esiste all'origine?" - e ha indicato le due possibili risposte: "La Ragione creatrice, lo Spirito Creatore che opera tutto e suscita lo sviluppo, o l'Irrazionalità che, priva di ogni ragione, stranamente produce un cosmo ordinato in modo matematico e anche l'uomo, la sua ragione". Questa seconda risposta è però illogica, in quanto la nostra ragione sarebbe solo il frutto casuale dell'evoluzione e, quindi, frutto di un processo irrazionale. La fede cristiana, conclude Benedetto XVI, crede "che all'origine c'è il Verbo eterno, la Ragione e non l'Irrazionale". Lo stesso concetto viene ribadito nella Lectio magistralis all'Università di Regensburg, una lezione universitaria ricca, complessa e rivolta a persone colte, da cui non si deve estrapolare e decontestualizzare qualche frase, pena l'incomprensibilità di tutto il discorso. "Non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio": questa affermazione del Santo Padre ha come polo polemico l'autoriduzione della ragione occidentale. Il cristianesimo non risulta più razionale agli occhi dell'uomo occidentale, perché costui ha elaborato una ragione riduttiva, positivistica, che considera vero solo ciò che è matematico e sperimentale. Nel Discorso agli uomini di scienza all'Università di Regensburg, il Papa ha descritto questo tipo di razionalità e ne ha denunciato i limiti. Se oggi, in Occidente "soltanto il tipo di certezza derivante dalla sinergia di matematica ed empirica ci permette di parlare di scientificità", allora si comprende dove nasce la "debolezza di udito" nei confronti della chiamata di Dio. La ragione positivistica occidentale circoscrive in modo drastico il nostro rapporto con la realtà ed è incapace di aprirsi alla razionalità della fede, che implica uno slancio metafisico. Nell'Aula Magna dell'Università di Regensburg, infatti, il Papa ha detto che c'è bisogno di "un allargamento del nostro concetto di ragione". Questo è di fondamentale importanza anche per il dialogo con le religioni, perché la ragione positivista e le forme di filosofia da essa derivanti presumono di essere universali e, quindi, di imporsi, mediante lo sviluppo tecnico, su tutta la terra. Così facendo, però, impediscono il vero dialogo tra le culture e tra le religioni. Ne nasce "un cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto della libertà ed eleva l'utilità a supremo criterio per i futuri successi della ricerca"; così si è espresso il Papa alla Neue Messe di Monaco il 10 settembre. Criticando il "dileggio del sacro" il Santo Padre non si riferisce solo al dileggio del cristianesimo, ma di ogni religione. "La tolleranza di cui abbiamo urgente bisogno - aveva continuato Benedetto XVI in quell'occasione - comprende il timor di Dio, il rispetto di ciò che per l'altro è cosa sacra". In questo modo, Benedetto XVI critica l'arroganza di una ragione occidentale ridotta a tecnica e ribadisce la tolleranza e il dialogo fondati sul rispetto reciproco tra le religioni. Infatti, anche all'Università di Regensburg, il Santo Padre ha detto che "le culture profondamente religiose del mondo vedono proprio in questa esclusione del divino [esclusione provocata dalla ragione positivista] dall'universalità della ragione un attacco alle loro convinzioni più intime. Una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell'ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture". A Monaco, il 10 settembre, il Papa aveva espresso lo stesso concetto: "Le popolazioni dell'Asia e dell'Africa ammirano, sì, le prestazioni tecniche dell'Occidente e la nostra scienza, ma si spaventano di fronte ad un tipo di ragione che esclude totalmente Dio dalla visione dell'uomo". E concludeva: "La vera minaccia per la loro identità non la vedono nella fede cristiana, ma invece nel disprezzo di Dio". Nessuna religione ha niente da temere dalla Religione cattolica e dal suo Papa, perché il nemico vero di tutte, il più insidioso e subdolo, è il paradigma etico-culturale di una ragione senza Dio, che, pur affascinando per i suoi successi scientifici e tecnici, minaccia - favorita in questo dagli attuali processi di globalizzazione -, con quel suo proporsi a partire dall'etsi Deus non daretur, il patrimonio religioso di tutta l'umanità. Questo paradigma va affrontato senza coltivare pensieri o progetti di inimicizia e violenza, con serena e consapevole pacatezza e con gli argomenti persuasivi di una ragione che trova la verità del suo esprimersi nel rapporto con la fede in Dio. Nessuna religione ha quindi niente da temere dalla Religione cattolica e dai suoi aderenti, che, fedeli all'Amore Trinitario, quotidianamente si dedicano alla preghiera, alla coltivazione della speranza per sé e per gli uomini e le donne del nostro tempo, che vivono un amore incondizionato con innumerevoli opere di carità a favore della sterminata umanità segnata dall'ingiustizia sociale, dalla povertà e dalla mancanza di dignità, che amano e coltivano l'incontro e il dialogo e l'amicizia con i credenti delle altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Non sempre questa loro testimonianza di amore a Dio e al prossimo è accettata e accolta: tutti possono facilmente constatare che molti cristiani, in maniera crescente e in diverse parti del mondo, sono, al giorno d'oggi, osteggiati e perseguitati fino al martirio, felici però di farsi uccidere piuttosto che rinunciare a Dio e al Suo amore. Con il discorso all'Università di Regensburg, tutto centrato sul rapporto tra la fede e la ragione per come si è sviluppato nel contesto storico della cultura moderna dell'Occidente, il Santo Padre non si è quindi solo fatto difensore delle buone ragioni del cristianesimo, ma, di fatto, anche di quelle di tutte le religioni e del patrimonio religioso più autentico dell'umanità. Se, sotto la pressione mass-mediale e orchestrate strumentalizzazioni politiche e ideologiche che hanno fornito interpretazioni fuorvianti del discorso di Benedetto XVI all'Università di Regensburg, qualche credente di altra religione si è sentito offeso, a questi va offerta la piena assicurazione che le intenzioni e la volontà del Papa erano e rimangono inspirate dai sentimenti del rispetto e dell'amicizia cristiani per tutti i sinceri fedeli delle altre religioni. Aver ribadito, da parte del Santo Padre, il rapporto tra il cristianesimo e la verità, quindi, non chiude ma apre un dialogo più profondo con le altre religioni perché riprendendo qui un brano di un libro scritto dall'attuale pontefice quando era cardinale "Quando la verità fa dono di sé, siamo tutti fuori dalle alienazioni, da quello che separa: subentra un criterio comune che non fa violenza ad alcuna cultura, ma porta ciascuna al suo proprio cuore, perché ognuna, in ultima istanza, è attesa della verità" (1. Ratzinger, Fede Verità Tolleranza. Il cristianesimo e le altre religioni, Cantagalli, Siena 2003, p. 69).

(©L'Osservatore Romano - 17 Settembre 2006)

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